RIMINI 2016. SE NON ORA, QUANDO?
di Fabio Sportelli (Presidente della Federazione delle Camere Civili del Triveneto)
Venezia 6 Ottobre 2016. Oggi si è aperto a Rimini il XXXIII Congresso Nazionale Forense. L’appuntamento è dedicato, oltre che a specifiche problematiche di rilievo come ad esempio le misure alternative al processo o l’equo compenso, al tuttora irrisolto tema del modello di rappresentanza unitaria dell’Avvocatura. L’argomento torna all’attenzione del Congresso, massima assise dell’avvocatura come recita l’art. 39 della legge professionale n. 247 del 2012, dopo il cocente nulla di fatto registrato a Venezia due anni or sono. Allora, un progetto di statuto del nuovo organismo previsto dalla predetta sul quale si era per mesi lavorato di cesello con metodo corale e sul quale, sino a qualche settimana prima del congresso veneto, sembrava sussistere una pressoché generale intesa, veniva travolto dal voto in aula. Un voto condensatosi in due mozioni contrapposte, l’una volta ad elidere l’altra, con il risultato di lasciare tutto immutato. Non si intende soffermarsi sulle cause di quel deludente esito (del resto, legittimamente il Congresso vota e il Congresso decide); tanto meno si desidera qui entrare nel merito delle ipotesi di riforma che sono state variamente avanzate in vista dell’appuntamento riminese. Tanto più che tali proposte non sono state tutte definitivamente esplicitate. Preme piuttosto esprimere un auspicio generale: l’augurio che l’adunanza sia finalmente in grado di pervenire ad una decisione ampiamente condivisa su un argomento che, per convinzione unanime, resta uno snodo cruciale della governance della professione forense. La speranza è che si sappia responsabilmente comporre e ricomprendere in un unico soggetto le istanze e le peculiarità delle diverse anime che compongono un mondo sempre più variegato e composito posto che il Congresso è la massima assise dell’avvocatura, ma lo è nel rispetto dell’identità e dell’autonomia di ciascuna delle sue componenti associative come appunto prevede la surricordata norma. Se ciò avvenisse sarà finalmente possibile superare anche le divisive polemiche da lungo tempo insorte sulle funzioni, compiti e prerogative spettanti all’Organismo Unitario dell’Avvocatura, il soggetto di rappresentanza politica che fu varato nel 1995 al Congresso di Maratea. Grande è pertanto la responsabilità affidata ai delegati. Di fronte ad una categoria in forte sofferenza economica e valoriale, soprattutto nella componente femminile e giovanile e che occorre cercare di rilanciare in un contesto normativo e giurisprudenziale sempre più mutevole e confuso, sarà privilegio ed onere dei rappresenti dei legali italiani quello di cercare di dare vita a un modello di rappresentanza inclusivo e che sappia garantire appropriati meccanismi di equilibrio così da prevenire sbilanciamenti in un senso o in un altro. Non possiamo tuttavia nasconderci che, nell’operare simili, delicate scelte, molto peserà (e non sempre in maniera razionale o favorevole) l’insieme delle progettazioni che sin qui hanno avuto luogo in vari, talora inediti ambiti, da parte delle diverse componenti dell’universo forense. Si tratta di elaborazioni che hanno talora condotto a confronti, diretti o a distanza, che invece di auspicabilmente ridurre il divario tra le varie posizioni, lo hanno invece aumentato, tornando ad alimentare mai troppo sopiti conflitti, sospetti o timori di mire egemoniche. Del resto, basta ripensare al ventennio trascorso per rammentare come troppo volte i progetti, le idee e gli auspici di azione comune avanzati da più parti siano stati accompagnati da contrasti e contese sul “come” che ne hanno spesso segnato la sorte. La salvaguardia dell’autonomia e delle specificità di ciascuno sono certamente valori da preservare, come ricorda l’art. 39. Al tempo stesso però la medesima norma richiama tutti alla necessità che tali principi trovino adeguata valorizzazione in un contesto rispettoso di tutti, ma unitario nel dare attuazione ai deliberati congressuali. Solo così, nella consapevole convinzione che è l’unione a fare la forza, sarà possibile partecipare da effettivi protagonisti al diuturno confronto con il Governo, le Commissioni parlamentari, le forze politiche e quelle sociali. Non si faccia l’errore di credere che si tratti di tecnicalità da addetti ai lavori. La rappresentanza forense è “politica” in quanto dialoga e interloquisce continuativamente con le istituzioni e con gli organismi statuali, con i partiti e con i movimenti, con la magistratura e con tutte le formazioni sociali. E lo fa, non solo su argomenti specifici in materia legislativa o questioni che attengono alla professione, ma anche e soprattutto su tematiche che riguardano le problematiche in genere del sistema giustizia e, soprattutto, le garanzie del diritto di difesa. In questo senso risulta evidente l’interesse che ogni cittadino (e non solo come possibile utente in sede civile o penale) ha a che l’Avvocatura sia effettivamente in grado di esprimersi efficacemente in ogni sede con una voce forte e unitaria. Innanzi tutto, però, sta ora all’Avvocatura e alla discussione che avrà luogo avanti al corpo congressuale sapersi appropriatamente dotare di un simile strumento. Sarà la volta buona? Auguri di un proficuo e lungimirante lavoro a delegati e congressisti.
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